Non è ghiaccio. Se lo guardi da vicino, non vedi quelle piccole, micidiali spade di cristallo pronte a lacerare le membrane cellulari. È liscio, invece: è fermo. Perché è vetro. È un rene, sospeso in un limbo ambrato a -130°C, che non sta morendo né vivendo: sta aspettando. Un po’ come la “Bella Addormentata”, ma con molta più chimica e meno principi azzurri. Nei laboratori di Until Labs, il silenzio è rotto solo dal ronzio dei congelatori a velocità controllata, dove il tempo biologico ha smesso di scorrere. Qui non si cerca l’immortalità da film di serie B: si cerca di risolvere un problema logistico che ha il peso di una condanna a morte per migliaia di persone.
E la prima cosa da capire è che congelare le persone (o i loro pezzi di ricambio) è una pessima idea. La domanda che fanno tutti a chi lavora in questo campo è sempre la stessa: “Quindi congelate la gente?”. La risposta tecnica è no. La risposta vera è che se congeli un corpo, l’acqua al suo interno si organizza in strutture cristalline che agiscono come lame microscopiche. Risultato: poltiglia cellulare. L’obiettivo qui è diverso: si chiama vitrificazione.
Vitrificazione: perché il ghiaccio è il nemico (e il vetro è l’amico)
Immaginate un organo come un sacchetto pieno di proteine, grassi e tantissima acqua. Se abbassiamo la temperatura, l’acqua vuole cristallizzare. Ma se riusciamo a ingannarla, facendola diventare così viscosa da smettere di muoversi prima che possa organizzarsi in cristalli, otteniamo un solido amorfo. Un vetro, appunto. A -130°C, il movimento molecolare si ferma. Il tempo biologico va in pausa. Niente degrada, e niente muore.

Sembra facile, vero? Non lo è. Per arrivarci devi attraversare una “zona della morte” termica senza far danni. Serve un cocktail di crioprotettori (pensateli come un antigelo molto sofisticato) che deve permeare il tessuto. Se ne metti troppo, è tossico. Se lo metti troppo in fretta, la cellula va in shock osmotico e si raggrinzisce.
È un equilibrio precario: devi caricare l’antigelo abbastanza velocemente da battere il ghiaccio, ma abbastanza lentamente da non uccidere la cellula per intossicazione. Un po’ come cercare di riempire un palloncino d’acqua mentre qualcuno ti cronometra e il palloncino è fatto di carta velina. Complicato, forse troppo.
Il problema non è scendere, è risalire
Supponiamo ora che siate riusciti a vitrificare il vostro organo. Perfetto. Ora è lì, fermo nel tempo, pronto per essere spedito dall’altra parte del mondo. Ma prima o poi dovrete usarlo. E qui casca l’asino (e il chirurgo). Riscaldare un organo vitrificato è molto più difficile che raffreddarlo. Se lo fate troppo lentamente, mentre la temperatura risale, il vetro si “rilassa” e bam: si formano i cristalli di ghiaccio che avevate evitato all’andata. Si chiama devitrificazione, ed è fatale.
Il calore deve essere uniforme e rapidissimo. Non potete usare un forno a microonde: le onde cuocerebbero l’esterno lasciando l’interno congelato. Serve qualcosa che scaldi tutto il volume nello stesso istante. La soluzione? Nanoparticelle magnetiche.
La tecnica, nota come nanowarming, prevede di infondere l’organo con queste particelle prima della vitrificazione. Quando è il momento di “svegliarlo”, si inserisce l’organo in una bobina magnetica che genera un campo alternato. Le particelle, eccitate dal campo, rilasciano calore in modo omogeneo in tutto il tessuto, dall’interno verso l’esterno. Niente gradienti termici, niente crepe, niente ghiaccio.
Come dimostrato in uno studio fondamentale pubblicato su Nature Communications, questo approccio ha già permesso di trapiantare con successo reni di ratto conservati per 100 giorni.
La logistica della disperazione
Ma perché stiamo facendo tutta questa fatica? Non è per vezzo scientifico. È perché l’attuale sistema dei trapianti è un disastro logistico. Oggi un cuore ha una “vita utile” fuori dal corpo di 4-6 ore. Un fegato arriva a 12. Questo significa che se un donatore muore a Los Angeles e il ricevente perfetto è a New York, quel trapianto spesso non si fa. Il tempo vince sulla medicina.
I numeri dello spreco
Ogni anno nel mondo vengono trapiantati oltre 170.000 organi. Si stima però che migliaia di organi potenzialmente utilizzabili non arrivino mai a un paziente a causa di limitazioni logistiche, incompatibilità e altri fattori, con un indice globale di spreco che può raggiungere diverse decine di migliaia di organi “buttati” ogni anno.
Nel frattempo, i pazienti in lista d’attesa per un rene aspettano in media tra 3 e 7 anni, a seconda del paese e del sistema sanitario. Il rene è l’organo più trapiantato a livello mondiale, ma la domanda supera da molto l’offerta.
La vitrificazione cambierebbe tutto questo. Trasformerebbe un’emergenza medica (“corri, hai 4 ore!”) in una procedura pianificata. Gli organi potrebbero essere conservati per settimane o mesi, permettendo screening immunologici perfetti, eliminando quasi del tutto il rischio di rigetto e trasformando la scarsità in abbondanza.
Come abbiamo analizzato qui, non è solo una questione di salvare vite, ma di rendere il sistema sanitario davvero razionale ed efficace.

Vitrificazione: non è la morte, è solo una luuuunga pausa
La tecnologia per “salvare” la vita come un videogioco in pausa e riprenderla più tardi è forse più vicina. Until Labs e altri pionieri del settore (Fahy, Wowk, Toner, cercate il loro lavoro: ve ne parleremo via via) stanno costruendo i mattoni di una nuova medicina.
Certo, passare dal rene di un ratto a un cuore umano richiede di scalare tecnologie complesse. Le bobine magnetiche devono diventare più grandi senza perdere potenza, i cocktail chimici meno tossici. Ma la strada è tracciata. L’idea che la morte biologica sia un interruttore on/off sta diventando obsoleta. È più simile a un dimmer. E se riusciamo a tenerlo basso abbastanza a lungo, senza spegnerlo del tutto, le regole del gioco cambiano per sempre.
Alla fine, forse non serve aspirare all’eternità. Basterebbe solo smettere di buttare via la vita che abbiamo già a disposizione, solo perché non abbiamo un frigorifero abbastanza buono per tenerla al fresco.
L’articolo Vitrificazione: come metteremo in pausa la vita (senza ghiaccio) è tratto da Futuro Prossimo.
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