Thomas Gee cadeva almeno una volta al mese. Dopo vent’anni dalla sua amputazione sopra il ginocchio, aveva imparato a convivere con l’incertezza di ogni passo. Poi è arrivato al MIT e ha provato una protesi neurale che ha cambiato tutto. “Quando l’ho indossata, ho detto: ho ritrovato la mia gamba!”, racconta il 63enne del New Hampshire.
Non è esagerazione: le nuove protesi neurali sviluppate dai ricercatori si integrano direttamente con ossa e muscoli, permettendo un controllo mentale diretto del movimento. E i risultati pubblicati su Science dimostrano che funziona davvero.
Come funzionano le protesi neurali integrate
Il team guidato da Hugh Herr del MIT (una nostra vecchia conoscenza) ha sviluppato un sistema chiamato protesi meccanoneurale osseointegrata (OMP). A differenza delle protesi tradizionali che si appoggiano al moncone con una presa a vuoto, queste protesi neurali si ancorano direttamente all’osso femorale tramite un’asta di titanio cava contenente 16 fili elettrodici.
L’intervento chirurgico ricollega anche le coppie di muscoli antagonisti attraverso una tecnica chiamata interfaccia mioneurale agonista-antagonista (AMI). Questo permette ai muscoli di comunicare tra loro come facevano prima dell’amputazione, inviando segnali precisi alla protesi neurale.

Come spiega Tony Shu, autore principale dello studio:
Tutte le parti lavorano insieme per ottenere migliori informazioni in entrata e in uscita dal corpo. Stiamo caricando direttamente lo scheletro, che è la parte del corpo che dovrebbe sopportare il carico, invece di usare prese che sono scomode e possono causare frequenti infezioni cutanee.
I test clinici mostrano risultati immediati
Lo studio ha coinvolto 17 partecipanti divisi in tre gruppi. Due pazienti hanno ricevuto il sistema OMP completo, otto hanno avuto solo la chirurgia AMI, mentre sette hanno usato protesi tradizionali.
I risultati sono stati immediati e sorprendenti. I pazienti con protesi neurali complete hanno superato tutti i test: piegare il ginocchio a un angolo specifico, salire le scale e aggirare ostacoli su un tapis roulant. Come avevamo già raccontato per le amputazioni sotto il ginocchio, la tecnologia MIT sta cambiando il paradigma della riabilitazione.
Le protesi neurali restituiscono la propriocezione perduta
La vera svolta delle protesi neurali non è solo meccanica, ma neurologica. I pazienti hanno riportato una sensazione di “incarnazione” della protesi: la percepivano come parte del proprio corpo.
Durante i test, Thomas Gee riusciva a localizzare il piede nello spazio anche bendato. Questo perché le protesi neurali ripristinano la propriocezione, quella capacità innata di sapere dove si trovano i nostri arti senza guardarli. Un risultato che secondo il MIT rappresenta un passo verso la “ricostruzione dei corpi umani” piuttosto che il semplice rimpiazzo con dispositivi esterni.
La procedura AMI è già routine per le amputazioni sotto il ginocchio al Brigham and Women’s Hospital. Herr prevede che diventerà standard anche per le amputazioni sopra il ginocchio. Il sistema OMP completo potrebbe essere commercializzato entro cinque anni, dopo l’approvazione FDA.
Ancora una volta, quello che sembrava appartenere all’utopia è diventato realtà clinica.
L’articolo Protesi neurali del MIT, un trionfo: addio mesi di riabilitazione è tratto da Futuro Prossimo.
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